Auguri, HELLdorado!

Può senz’altro essere utile immergersi nella quotidianità, ma il nostro habitat è un altro e scoprirsi troppo a lungo impegnati o immersi in qualcosa non è mai un buon segnale. Non vorremmo mai esser troppo distratti dalla possibilità di guardare avanti. Purtroppo, la crisi in corso non sembra avere prospettive ne’ sbocchi rassicuranti, e il pianeta in questo momento è come una macchina in panne avvolta nel fumo e ferma sul bordo della strada…Pure la strada sembra non essere quella giusta. Piuttosto che continuare a premere con frustrazione sull’acceleratore, è forse il caso che diamo insieme, con calma, un’occhiata al motore. Negrita (da un’intervista del 2008)

Il tempo ha una realtà oggettiva o soggettiva? E come bisogna immaginare la direzione del suo scorrere? Si tratta di un andamento circolare, in base al quale tutto ciò che accade è destinato a ritornare eternamente seguendo il divenire ciclico con cui la natura stessa sembra manifestarsi? Oppure il tempo è assimilabile a un processo lineare, per cui il passato è qualcosa di irrimediabilmente trascorso e irrecuperabile e il futuro scorre inevitabilmente verso un fine provvidenziale?

Nel caso di un album come HELLdorado, dall’uscita del quale, senza nemmeno accorgersene, ricorrono oggi i dieci anni, questi aspetti convivono perfettamente. Da una parte, tutto resta sempre com’era, come quando ti fiondavi nel negozio di dischi più vicino per scoprire cosa sarebbero riusciti a tirare fuori dal cilindro quella volta i tuoi beniamini. O come le parole stesse dei Negrita, che profeticamente sembrano provenire da interviste di questi tempi. Dall’altra, ti accorgi che qualcosa è andato irrimediabilmente perduto, come è giusto e normale che sia. Cosa resta allora oggi di un album che tanto i fan quanto i Doc continuano a ritenere una delle perle più preziose di una carriera prossima a varcare il traguardo delle venticinque primavere? Se è vero che scegliere tra i propri dischi sia qualcosa che si avvicina molto a scegliere tra i propri figli, è anche umano pensare che, soprattutto l’arte, sia figlia di un particolare momento, difficilmente replicabile e altrettanto difficile da guardare dall’alto di una maggiore saggezza. Quel che è certo, è che dopo tanti anni, HELLdorado non abbia perso un briciolo della carica e della magia che lo pervadeva negli ultimi giorni di ottobre del 2008. Fu in quell’occasione che i Negrita riuscirono ad amalgamare alla perfezione i loro presente e passato musicale, i fiati e le chitarre, creando quanto di più vicino possibile alla loro reale essenza. La contaminazione divenne finalmente qualcosa da utilizzare con piena consapevolezza, ormai certi che il loro pubblico avesse compreso meglio di chiunque altro la strada intrapresa pochi anni prima. Con esso tornò anche la voglia di provocare gli animi, di scagliarsi contro i costumi di una società che sentivano sempre meno vicina, ma che non si erano ancora rassegnati a veder sprofondare nel baratro. Tutto tenuto insieme da un amore mai sopito per l’arte, per la vita e, perché no, per il rischio. Ne sono passate di stagioni da allora in casa Negrita e tante ne passeranno ancora, ma, riascoltato oggi, HELLdorado ci dimostra che in quei febbrili mesi che ne precedettero l’uscita i Negrita riuscirono davvero a creare qualcosa di immortale. Un classico, che può benissimo prescindere dalle leggi di spazio e tempo.

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